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San Tommaso d'Aquino - Summa Teologiæ - La castità

SAN TOMMASO D’AQUINO SUMMA THEOLOGICA – LA CASTITA’

La castità

Veniamo ora a trattare della castità. Primo, della castità medesima; secondo, della verginità, che è una parte di essa; terzo, della lussuria che è il vizio contrario.
Sul primo argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se la castità sia una virtù; 2. Se sia una virtù generale; 3. Se sia una virtù distinta dall’astinenza; 4. In che rapporto stia con la pudicizia.

ARTICOLO 1

Se la castità sia una virtù

SEMBRA che la castità non sia una virtù. Infatti:
1. Parliamo qui delle virtù dell’anima. Ora, la castità riguarda il corpo: poiché si dice che uno è casto per il fatto che si comporta in una data maniera nell’uso di certe parti del corpo. Dunque la castità non è una virtù.
2. La virtù, a detta di Aristotele, è “un abito volontario”. La castità invece non è qualche cosa di volontario: potendo esser tolta con la violenza alle donne. Quindi la castità non è una virtù.
3. Negli infedeli non può esserci nessuna virtù. Ma alcuni infedeli sono casti. Dunque la castità non è una virtù.
4. I frutti sono distinti dalle virtù. Ora, la castità da S. Paolo è posta tra i frutti. Perciò la castità non è una virtù.

IN CONTRARIO: S. Agostino ha scritto: “Dovendo dare alla tua sposa l’esempio nella virtù, poiché la castità è una virtù, tu ti lasci vincere dal primo impeto della libidine, e poi pretendi che tua moglie sia vittoriosa”.

RISPONDO: Il termine castità deriva dal fatto che la concupiscenza viene castigata dalla ragione, alla stregua di un bambino, come si esprime il Filosofo. Ora, una tendenza ha natura di virtù proprio perché è moderata dalla ragione, come sopra abbiamo detto. Perciò è evidente che la castità è una virtù.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La castità ha la sua sede nell’anima: pur avendo nel corpo la sua materia. Infatti la castità ha il compito di usare regolatamente certe membra del corpo secondo il giudizio della ragione e la scelta della volontà.
2. S. Agostino insegna, che “se l’anima persevera nei suoi propositi, i quali han meritato la stessa santificazione del corpo, non potrà la violenza della libidine altrui togliere la santità, custodita dal perseverare della propria continenza”. – E aggiunge che “questa virtù ha per compagna la fortezza, la quale è decisa a sopportare tutti i mali, piuttosto che consentire al male”.
3. Così scrive S. Agostino: “È impossibile che in un uomo ci siano delle virtù, se egli non è giusto. Ora, è impossibile che egli sia veramente giusto, se non vive di fede”. Perciò conclude che negli infedeli non c’è vera castità, né altre virtù: poiché esse non vengono indirizzate al debito fine. Poiché, come egli dice, “non è per le loro funzioni”, ossia per i loro atti, “ma per il loro fine che le virtù si distinguono dai vizi”.
4. La castità ha natura di virtù in quanto opera secondo la ragione: ma va enumerata tra i frutti in quanto il suo atto è compiuto con gioia.

ARTICOLO 2

Se la castità sia una virtù generale

SEMBRA che la castità sia una virtù generale. Infatti:
1. S. Agostino scrive, che “la castità è un moto ordinato dell’anima, il quale non subordina le cose superiori a quelle inferiori”. Ma questo è compito di ogni virtù. Quindi la castità è virtù generale.
2. Il termine castità deriva da castigo. Ora, qualsiasi moto dell’appetito dev’essere castigato dalla ragione. E poiché i moti dell’appetito son tenuti a freno da qualsiasi virtù morale, è chiaro che qualsiasi virtù morale è castità.
3. Alla castità si contrappone la fornicazione. Ma la fornicazione abbraccia ogni genere di peccati, poiché nei Salmi si legge: “Tu mandi in perdizione tutti quelli che fornicano allontanandosi da te”. Dunque la castità è virtù generale.

IN CONTRARIO: Macrobio la enumera tra le parti della temperanza.

RISPONDO: Il termine castità si può prendere in due sensi. Primo, in senso proprio. E allora la castità è una virtù speciale con la sua materia specifica, che è la brama dei piaceri venerei.
Secondo, in senso metaforico. Poiché come nell’unione. dei corpi si ha il piacere venereo, oggetto della castità e del vizio contrario, che è la lussuria; così nell’unione spirituale dell’anima con determinate cose si ha un certo piacere, che è l’oggetto di una certa castità, o di una certa fornicazione metaforica. Infatti quando l’anima umana gode nell’unione spirituale con ciò cui deve unirsi, cioè con Dio, e si astiene dal godere di altre cose unendosi con esse contro l’ordine di Dio, si può parlare di castità spirituale, come fa S. Paolo quando scrive ai Corinzi: “Vi ho fidanzati per darvi, vergine casta, a un uomo solo, a Cristo”. Se invece l’anima gode nell’unirsi alle altre cose contro l’ordine di Dio, si ha una fornicazione spirituale, secondo l’espressione di Geremia: “Tu hai fornicato con molti amanti”. Presa in questo senso la castità è una virtù generale: poiché qualsiasi virtù ha il compito di ritrarre l’anima umana dal piacere che si prova nell’unirsi alle cose illecite. Ma l’essenza di questa castità consiste specialmente nella carità e nelle altre virtù teologali, che uniscono l’anima con Dio.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il primo argomento vale per la castità presa in senso metaforico.
2. Come abbiamo già notato, la concupiscenza dei piaceri è quella che più somiglia al bambino: poiché la brama del piacere, e specialmente dei piaceri del tatto, ordinati alla conservazione, è per noi connaturale. Ecco perché questa concupiscenza aumenta enormemente, se venga nutrita mediante il consenso, come il bambino abbandonato ai propri capricci. E quindi la concupiscenza di questi piaceri più di ogni altra ha bisogno di essere castigata. E per questo la castità per antonomasia ha per oggetto queste concupiscenze: come la fortezza ha per oggetto soprattutto le cose che maggiormente richiedono fermezza d’animo.
3. La terza difficoltà parte dalla fornicazione spirituale e metaforica, che si contrappone, come abbiamo detto, alla castità spirituale.

ARTICOLO 3

Se la castità sia una virtù distinta dall’astinenza

SEMBRA che la castità non sia una virtù distinta dall’astinenza. Infatti:
1. Per un solo genere di oggetti basta una sola virtù. Ma quanto appartiene a un unico senso sembra essere di un sol genere. Perciò siccome tanto i piaceri del mangiare, oggetto dell’astinenza, quanto i piaceri venerei, oggetto della castità, appartengono al tatto; è chiaro che la castità non è una virtù distinta dall’astinenza.
2. Il Filosofo paragona tutti i peccati di intemperanza ai peccati dei bambini, che han bisogno di castigo. Ora, la castità prende il nome dal castigo dei vizi contrari. Quindi, siccome l’astinenza tiene a freno certi peccati d’intemperanza, è evidente che l’astinenza s’identifica con la castità.
3. I piaceri degli altri sensi appartengono alla temperanza in quanto sono ordinati ai piaceri del tatto, oggetto della temperanza. Ma a loro volta i piaceri gastronomici, oggetto dell’astinenza, sono ordinati ai piaceri venerei, oggetto della castità. Di qui le parole di S. Girolamo: “il ventre e gli organi genitali son vicini, per farci intendere la correlazione di certi vizi”. Dunque l’astinenza e la castità non sono virtù distinte.

IN CONTRARIO: L’Apostolo enumera la castità distinta dal digiuno, che fa parte dell’astinenza.

RISPONDO: Come abbiamo già spiegato, la temperanza ha come oggetto proprio i piaceri del tatto. Perciò se ci sono piaceri diversi devono anche esserci virtù diverse incluse nella temperanza. D’altra parte il piacere è annesso all’operazione di cui è il coronamento, come insegna Aristotele. Ora, è evidente che gli atti i quali si riferiscono all’uso dei cibi, e che servono alla conservazione dell’individuo, sono diversi da quelli riguardanti l’uso dei piaceri venerei, ordinati alla conservazione della specie. Perciò la castità, che ha per oggetto i piaceri venerei, è una virtù distinta dall’astinenza, che riguarda i piaceri gastronomici.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La temperanza ha come oggetto principale i piaceri del tatto non per la conoscenza sensitiva, comune a tutte le cose tangibili, ma per l’uso di esse, come dice Aristotele. Ora, l’uso dei piaceri venerei è diverso da quello del mangiare e del bere. Perciò devono esserci virtù diverse, nonostante l’unità del senso.
2. I piaceri venerei rispetto a quelli gastronomici sono più violenti e più deprimenti per la ragione. Per questo hanno maggior bisogno di castigo e di freno, poiché se si consente ad essi, si accresce il vigore della concupiscenza, e si snerva quello della ragione. Di qui le parole di S. Agostino: “Io penso che niente possa abbattere di più un animo virile che le attrattive di una donna, e quel contatto fisico senza il quale non si concepisce il matrimonio”.
3. I piaceri degli altri sensi non interessano la conservazione della natura umana, se non in quanto sono ordinati ai piaceri del tatto. Perciò per essi non esiste un’altra virtù nell’ambito della temperanza. Invece i piaceri gastronomici, sebbene siano ordinati in qualche modo ai piaceri venerei, sono già per se stessi ordinati alla conservazione della vita umana. Ecco perché già per se stessi hanno una speciale virtù: sebbene essa, che è denominata astinenza, ordini il proprio atto al fine della castità.

ARTICOLO 4

Se la pudicizia riguardi specialmente la castità

SEMBRA che la pudicizia non riguardi in modo speciale la castità. Infatti:
1. S. Agostino afferma, che “la pudicizia è una virtù dell’anima”. Dunque non è una cosa che riguarda la castità, ma è una virtù a sé stante distinta dalla castità.
2. Pudicizia deriva da pudore, il quale s’identifica con la vergogna. Ma la vergogna, a detta del Damasceno, “ha per oggetto gli atti vergognosi”; e questi si riscontrano in ogni vizio. Perciò la pudicizia non riguarda la castità più delle altre virtù.
3. Il Filosofo afferma che qualsiasi intemperanza è sommamente “obbrobriosa”. Ora, è compito della pudicizia fuggire le cose obbrobriose. Dunque la pudicizia riguarda tutte le parti della temperanza, e non in particolare la castità.

IN CONTRARIO: S. Agostino ha scritto: “Bisogna predicare la pudicizia, perché chi ha orecchi da intendere non compia nulla di illecito con gli organi genitali”. Ma l’uso di questi organi appartiene propriamente alla castità. Dunque la pudicizia riguarda propriamente la castità.

RISPONDO: Il termine pudicizia deriva da pudore, che sta a indicare vergogna. Perciò la pudicizia propriamente riguarda le cose di cui gli uomini maggiormente si vergognano. Ora, gli uomini si vergognano soprattutto degli atti venerei, come dice S. Agostino: al punto che anche lo stesso atto coniugale, rivestito dell’onestà del matrimonio, è pur sempre vergognoso. E questo perché il moto degli organi genitali non sottostà al comando della ragione, come quello delle altre membra. E l’uomo si vergogna non solo dell’atto venereo, ma di tutto ciò che vi si riferisce, come nota il Filosofo. Ecco perché la pudicizia propriamente riguarda le cose veneree: e specialmente i gesti che esprimono questi sentimenti, come gli sguardi, i baci e i toccamenti impudichi. E poiché questi gesti sono più facili a riscontrarsi, la pudicizia riguarda soprattutto questi segni esterni: mentre la castità ha per oggetto la stessa copula carnale. Perciò la pudicizia è ordinata alla castità, non come virtù distinta, ma come una rifinitura che ne indica certe particolari circostanze. Tuttavia talora si prende l’una per l’altra.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In quel testo S. Agostino prende la pudicizia come sinonimo di castità.
2. Sebbene tutti i vizi implichino una certa vergogna, i vizi dell’intemperanza, secondo le spiegazioni date, la implicano in maniera speciale.
3. Tra tutti i peccati d’intemperanza i più obbrobriosi sono i peccati venerei, sia per la ribellione degli organi genitali, sia perché la ragione ne viene del tutto sopraffatta.

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